Unità didattica per iniziare l’anno con routine, identità e appartenenza
di Leonardo Fava e Kristin Strauss
In uscita su DIDA – Mondo Erickson, n. 28, aprile 2025
Alla scuola dell’infanzia, il lavoro educativo non inizia con le lettere o i numeri, ma con il riconoscimento di sé e la scoperta dell’altro. È qui che nasce la possibilità di stare bene in gruppo, di esprimere bisogni e interessi, di costruire quella sicurezza di base che rende possibile ogni apprendimento.
L’unità “Siamo fatti così: la nostra classe”, pubblicata su DIDA, nasce per offrire agli insegnanti strumenti concreti per costruire una comunità di classe coesa, prevedibile e accogliente fin dalle prime settimane dell’anno. Non è un “progetto speciale” per situazioni complesse: è una proposta che parla a tutta la classe, e che, proprio per questo, ha un grande impatto anche sui bambini più in difficoltà.
Una progettazione per l’intera classe
In ogni gruppo di bambini ci sono identità diverse, stili di comunicazione differenti, bisogni educativi che non sempre si vedono subito. Questa unità aiuta l’insegnante a tenere insieme tutto: l’individualità di ciascuno e la costruzione del gruppo, la necessità di routine chiare e lo spazio per l’improvvisazione, il lavoro didattico e quello relazionale.
Le attività proposte – dal cartellone dei sentimenti al libro degli interessi, dal circle time alla canzone per riordinare – servono a rafforzare le routine, a dare parola alle emozioni, a far emergere i punti di forza dei bambini in modo semplice ma profondo.
Sono strumenti che funzionano per tutti, ma che diventano fondamentali quando in classe c’è un bambino autistico, o un bambino che fa fatica a comunicare, a regolarsi, a inserirsi nei giochi di gruppo.
Lavorare sull’identità è già inclusione
Spesso, quando si parla di inclusione, si pensa ad aggiustamenti “per qualcuno”. Ma l’esperienza educativa ci insegna che il lavoro pensato per una difficoltà è sempre un’occasione per tutta la classe.
Quando aiutiamo i bambini a dire “come si sentono”, a riconoscersi in uno specchio, a scegliere i propri giochi preferiti, non stiamo semplificando l’attività: stiamo rendendo visibili le basi dell’essere parte.
L’inclusione reale non nasce da interventi speciali, ma da una progettazione quotidiana che parte da domande semplici:
🟡 Chi ho davanti?
🟡 Come posso farli sentire a casa, in classe?
🟡 Cosa rende ognuno parte del gruppo?
E non servono prerequisiti. Solo preparazione: chiedere alle famiglie, raccogliere materiali, costruire routine con cura. E sapere che anche un gesto apparentemente semplice, come una canzone o un oggetto portato da casa, può fare la differenza.
Un’unità che accompagna l’anno intero
Siamo fatti così non è un progetto da svolgere e archiviare. È una cornice che può restare attiva per tutto l’anno scolastico, adattandosi ai cambiamenti del gruppo, alle nuove sfide, ai bisogni che emergono.
Ogni attività è pensata per essere inclusiva fin dall’inizio, con indicazioni per sostenere i bambini che hanno bisogno di più supporto, ma anche per offrire stimoli a chi è più autonomo.
Conclusione
Insegnare in una scuola dell’infanzia oggi significa tenere insieme la classe, davvero: chi arriva pronto e chi ha bisogno di tempo, chi parla e chi osserva in silenzio, chi si regola da solo e chi ha bisogno di una guida.
Questa unità offre una strada possibile: costruire routine chiare, lavorare sull’identità, favorire l’appartenenza. E fare tutto questo con uno sguardo che include senza etichettare, che parte dai bisogni reali dei bambini e li trasforma in occasioni quotidiane di crescita per tutti.
📘 L’articolo completo sarà pubblicato su DIDA – Mondo Erickson, n. 28, aprile 2025.
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