Umbrella
I deficit nelle abilità di imitazione sono una caratteristica quasi sempre osservata nei bambini con autismo. Tuttavia, tali deficit non hanno sempre lo stesso grado di compromissione e non si manifestano sempre nello stesso modo. Infatti, alterazioni nelle abilità imitative potrebbero riscontrarsi nei movimenti del corpo simbolico e non simbolico, nelle vocalizzazioni, nelle espressioni facciali, oppure ancora nell’utilizzo simbolico o non simbolico degli oggetti. Considerando il ruolo centrale svolto da tale abilità nell’apprendimento e nello sviluppo, diversi studi hanno ipotizzato e confermato il coinvolgimento dell’imitazione nei processi di apprendimento e nello sviluppo di specifiche abilità nella vita del bambino. Quindi, quando compromessa causerebbe alterazioni negli ambiti in cui è coinvolta.
Partendo da queste osservazioni, il presente articolo, scritto da Ingersoll Brooke, ha cercato di affrontare da diversi punti di vista, le problematiche relative alle abilità di imitazione trovate nei bambini con autismo. In particolare, l’articolo ha diversi scopi: prima di tutto si occupa di descrivere la funzione “sociale” svolta dall’imitazione, e il suo ruolo nello sviluppo delle abilità di comunicazione sociale; approfondendo l’associazione fra i deficit di imitazione e le compromissioni della comunicazione sociale. Successivamente, descrive due metodi utilizzati negli interventi EIBI (Early Intensive Behavioral Intervention) per l’insegnamento delle abilità di imitazione, mettendo a confronto un metodo che si realizza in ambiente strutturato e uno che impiega un approccio più naturalistico.
Il ruolo dell’imitazione nello sviluppo del bambino e sue implicazioni nell’autismo
Nei bambini a sviluppo tipico, l’imitazione è un comportamento che emerge sin dai primi anni di vita ed ha due principali funzioni nello sviluppo: una funzione di apprendimento e una sociale. In particolare, tramite l’imitazione, i bambini apprendono nuove abilità, le quali a loro volta gli permettono, in futuro, di essere coinvolti in scambi sociali ed emozionali più complessi.
In questo articolo si approfondisce il ruolo dell’imitazione nello sviluppo delle abilità sociale e di comunicazione, focalizzandosi prima di tutto sulle principali evidenze che sostengono questa ipotesi.
Nelle primissime fasi dello sviluppo le interazione faccia a faccia che avvengono fra il bambino e il caregiver, che può essere il genitore o chi si occupa di lui in questa prima fase della vita, sono caratterizzate da un reciproco scambio di imitazioni delle espressioni facciali e delle vocalizzazioni, e sembra che questo processo sia fondamentale per diverse abilità relative alla comunicazione sociale del bambino, alla comunicazione dell’interesse sociale per una data persona, alle modalità per condividere le sensazioni, e al modo per controllare gli scambi comunicativi che avvengono durante le conversazioni. Intorno alla fine del primo anno di vita, l’imitazione inizia a svolgere un ruolo importante nel gioco con oggetti o giocattoli, mediato dagli adulti, dove il bambino imita come l’adulto gioca con essi; inoltre diventa il principale strumento con cui si accresce e si alimenta il legame fra madre e figlio e sempre tramite l’imitazione svolta durante i giochi, il bambino impara i primi gesti affettivi intorno ai due anni di vita.
Successivamente, quando il bambino inizia ad interagire con i pari, l’imitazione continua a svolgere un ruolo fondamentale, considerando che l’imitazione della manipolazione dello stesso oggetto o gioco corrisponde spesso al primo passo per iniziare un’interazione fra bambini. Inoltre, il mantenimento della reciproca imitazione è alla base dell’interazione sociale e della comunicazione preverbale fra i pari durante l’infanzia e nell’acquisizione di abilità più complesse. Tutte queste evidenze scientifiche hanno fatto ipotizzare che le compromissioni del comportamento imitativo, presenti sin dai primi anni di vita, possono ostacolare lo sviluppo di tutte quelle abilità, in particolare sociali e comunicative, che si manifestano durante la crescita, e di cui effettivamente gli individui con autismo risultano deficitari nella maggior parte dei casi.
A supportare questa ipotesi, ci sono anche diverse evidenze emerse dalla letteratura, che hanno riscontrato in bambini con autismo, associazioni fra deficit nell’imitazione e compromissioni di altre abilità di comunicazione sociale, in particolare il linguaggio, il gioco e l’attenzione congiunta. Considerando che l’imitazione è coinvolta sia nell’apprendimento che nello sviluppo delle abilità sociali, se compromessa è molto probabile possa provocare effetti molto profondi sia sull’apprendimento che sullo sviluppo.
Metodo di apprendimento in ambiente strutturato
Uno dei metodi di insegnamento delle abilità imitative utilizzato nella pratica clinica per quanto riguarda la terapia cognitivo-comportamentale è il discrete trial training (DTT) o insegnamento per prove discrete. Esso consiste in una serie di sessioni di apprendimento in ambiente strutturato, durante le quali il bambino e il terapista svolgono specifiche attività che mirano a fare apprendere alcune abilità al bambino, incluse le abilità di imitazione. Durante queste sessioni, il terapista guida il bambino a replicare le azioni da lui svolte, fornendo al bambino dei prompt che il terapista andrà man mano a sfumare, e l’utilizzo di rinforzi contingenti. Sebbene questo metodo sia risultato essere efficace in numerosi studi, presenta dei limiti principalmente legati all’ambiente strutturato che viene impiegato, il quale potrebbe compromettere la messa in atto spontanea di tale abilità, e la generalizzazione in ambiente naturale, ambiente che coinvolge i familiari e i pari. In tal modo c’è il rischio di limitare l’apprendimento di questa abilità in contesti naturali, quelli in cui la funzione sociale dell’imitazione trova la sua massima applicazione ed efficacia per lo sviluppo di abilità sociali e comunicative più complesse.
Metodo di apprendimento in ambiente naturalistico
Un metodo che sembra superare i limiti imposti dal DTT è il Reciprocal imitation training (RIT), il quale è un tipo di apprendimento svolto in ambiente naturale con il fine di sviluppare l’utilizzo sociale dell’imitazione in sessioni di gioco. Durante il RIT si cerca di stimolare il bambino a compiere delle imitazioni in maniera spontanea lavorando particolarmente sull’imitazione contingente, cioè il terapista inizia ad imitare quello che il bambino fa con gli oggetti o con i giochi, attraverso dei movimenti corporei o delle vocalizzazioni, coinvolgendo un set di oggetti e giochi adatti al livello di sviluppo del bambino. Una volta che il bambino prende coscienza dell’imitazione contingente del terapista, al bambino viene insegnato ad imitare il terapista e tale processo ha molteplici scopi, in primo luogo fa capire al bambino che l’imitazione non è solo utile per l’apprendimento, ma anche per l’interazione sociale, e conseguentemente il bambino sviluppa una motivazione intrinseca a farlo. Successivamente, il terapista inizia a compiere delle azioni che coinvolgono l’oggetto o il gioco in questione, che sono familiari al bambino, cioè azioni che lui compie normalmente, le quali per facilitare il processo inizialmente potrebbero anche coinvolgere delle azioni che riguardano i suoi interessi speciali o le sue stereotipie (ad esempio fa ruotare le ruote di una macchina per farla camminare, oppure impilare i lego per fare delle torri). A questo punto, il terapista potrà iniziare ad introdurre nuove azioni con gli stessi giocattoli che non appartengono al repertorio del bambino e che sono funzionali rispetto a quel determinato oggetto o giocattolo (come ad esempio vestire un bambolotto, inserire dei personaggi all’interno di una macchinina, oppure ancora far finta di mangiare del cibo). Inoltre, in questo contesto si utilizzano generalmente dei rinforzi sociali, i quali funzionano anche fuori dall’ambiente di apprendimento, anche nell’ambiente naturale, favorendo ulteriormente la generalizzazione delle abilità imitative apprese. Aspetto molto importante che si cerca di evitare durante le sessioni di RIT, sono i comandi, questo per evitare che il bambino imiti in risposta ad un comando, piuttosto che ad una motivazione intrinseca, quindi il terapista eviterà di dire “Fai così”, preferendo invece una descrizione verbale dell’azione che sta compiendo con il giocattolo, oppure emette dei suoni relativi a quell’azione, ad esempio “wish, wish…”, se sta facendo nuotare dei pesciolini. Infine, con lo scopo di generalizzare il più possibile le abilità di imitazione, il bambino verrà rinforzato qualsiasi risposta imitativa faccia, senza soffermarsi troppo sulla perfezione delle azioni, se invece l’imitazione non inizia al terzo tentativo del terapista, in quel caso il terapista darà una guida fisica al bambino.
Commento finale all’articolo
Nel complesso, in questo studio Ingersoll, ricercatrice che ha svolto numerosi studi sulle abilità di imitazione, soprattutto nella loro applicazione nella comunicazione e comportamento sociale, ha descritto un metodo innovativo per il periodo in cui è stato pubblicato l’articolo, ma che con il passare del tempo è stato integrato in molti percorsi di terapia, diventato un metodo molto impiegato. Come indicato alla fine del testo, le evidenze di quel periodo non permettevano di identificare quale dei due approcci fosse più adatto per insegnare l’imitazione come precursore delle abilità sociali e di comuinicazione, e studi successivi avrebbero potuto spiegare meglio questo aspetto.
Tuttavia, la ricerca ci insegna che il trattamento dei disturbi dello spettro dell’autismo non presenta dei metodi univoci e di elezione, bensì il percorso di trattamento è disegnato in base alla valutazione del bambino e alle sue necessità. Quindi, in base alle aree di intervento selezionate, in cui il bambino risulta “carente”, verranno definiti specifici obiettivi che la terapia dovrà raggiungere, a breve o lungo termine. L’imitazione nello specifico è una fase comune a molti processi di apprendimento in ambiente strutturato e viene insegnata per mantenere attiva l’attenzione del bambino, quindi il terapista attirerà l’attenzione del bambino chiedendogli di ripetere delle azioni che il bambino sa fare, ma dietro questa abilità il bambino ha appreso ad imitare, se l’imitazione non faceva già parte del suo repertorio di abilità. In conclusione, come spesso accade quando si mettono a confronto l’insegnamento in ambiente strutturato, rispetto all’ambiente naturale, di qualsiasi abilità, non esiste un metodo migliore in assoluto, ma bensì esistono degli accorgimenti che si adattano meglio a quel bambino e ai suoi reali bisogni, anche in funzione del suo livello di funzionamento.
L’insegnamento del linguaggio nei bambini con Disturbi dello Spettro dell’Autismo (DSA) non è affrontato con metodi univoci e riconducibili ad un unico approccio, anzi esistono molteplici approcci attraverso i quali si cerca di intervenire sui problemi di linguaggio, che sono molto comuni, peraltro, nei bambini con DSA. Tali approcci originano a loro volta da diverse teorie riguardanti il linguaggio, le quali definiscono in maniera concettualmente diversa tale abilità.
In questo articolo vi riportiamo le riflessioni e le criticità, riportate nell’articolo di LeBlanc e colleghi, riguardanti due specifici tipi di approcci impiegati negli interventi in bambini con DSA e problematiche inerenti al linguaggio. Questi due approcci sono l’Applied Verbal Behavior (AVB) e il Naturalistic Teaching Approaches (NTA), i quali a loro volta derivano da due diverse teorie del linguaggio, ma che, come vedremo, presentano diverse similitudini nella loro applicazione.
L’AVB deriva dall’Applied Behavioral Analysis (ABA), e prende origine in maniera teorica dai principi che sono alla base dell’analisi del comportamento secondo Skinner. Nello specifico, secondo Skinner il linguaggio è un comportamento verbale, il quale come qualsiasi altro comportamento, può essere spiegato attraverso le stesse variabili ambientali che guidano ogni altro comportamento (Skinner, 1975). Quindi è concepito in chiave funzionale come “risultato” di un antecedente, e come “mezzo” per accedere ad una conseguenza. Questo vuol dire che L’AVB si basa sull’apprendimento della funzione che svolge il linguaggio e quindi dei diversi operanti verbali che ne derivano (come ad esempio il mand). Per avere più chiaro quali sono i principali operanti verbali e cosa indicano, potete fare riferimento alla tabella sottostante.
L’impiego degli operanti verbali, il particolare il mand, a differenza degli altri operanti verbali, è l’unico che produce un’effettiva conseguenza e che permette, a chi parla, di ottenere dei benefici. Per questo quando si utilizza l’approccio AVB, il mand è il primo operante verbale insegnato ai bambini non verbali. In particolare, il bambino viene inizialmente posto in un ambiente in cui è stimolato ad effettuare dei mand,quindi delle richieste, ad esempio quando non trova un oggetto che gli piace. Successivamente, una volta insegnato il mand, si passa agli altri operanti verbali, come il tact, l’intraverbale o l’ecoico.
Per quanto riguarda l’NTA, il suo impiego ha sicuramente una diffusione più recente rispetto all’AVB, in particolare dagli anni 80 con il diffondersi di un approccio che mirava maggiormente alla generalizzazione delle abilità, quindi ad uno svolgimento delle sedute di terapia direttamente negli ambienti naturali sin dall’inizio del percorso di trattamento, sfavorendo gli ambienti dei centri, e quindi incoraggiando un maggiore coinvolgimento dei genitori (Stokes and Baer, 1977). Per quanto riguarda specificamente l’insegnamento del linguaggio secondo approccio NTA, si cerca di favorire il linguaggio che emerge in maniera naturale in diversi contesti, dove si sfruttano gli stimoli che sono naturalmente presenti nei diversi ambienti del bambino e dall’altra parte i genitori, i fratelli o comunque le persone a lui familiari in quei contesti, diventano gli operatori del cambiamento.
In realtà una fase di generalizzazione delle abilità acquisite, quindi delle abilità di linguaggio, è presente anche nell’AVB, anche conosciuto con il nome di Natural Environmental Teaching (NET), come suggerito da Sundberg and Partington (1998), i quali indicano con questo termini le possibili sessioni di insegnamento che avvengono in maniera spontanea in un contesto naturale. Quindi esistono delle somiglianze fra l’AVB e il NTA. Tuttavia, i due approcci restano sempre nettamente divisi e infatti lo scopo dell’articolo di LeBlanc e colleghi è quello di avvicinare gli esperti che utilizzano l’approccio AVB, alla letteratura riguardante l’NTA. Ovviamente, per rendere l’articolo il più informativo possibile è anche importante far notare le differenze fra i due approcci, le quali sono principalmente ostacoli di tipo concettuale e terminologico, quindi importanti ma non insormontabili.
Barriere concettuali e terminologiche
In questo paragrafo vediamo quali sono le più importanti barriere che impediscono la “comunicazione” fra i due approcci. Il principale ostacolo è la differenza della struttura concettuale del linguaggio fra AVB e NTA. In particolare, l’NTA mantiene una struttura concettuale del linguaggio in accordo alla forma, quindi si compone di preposizioni, etichettatura, formule espressive e recettive; mentre l’AVB impiega un tipo di struttura concettuale in accordo all’aspetto funzionale del linguaggio. Questo fa sì che i due approcci abbiamo un seguito diverso, infatti i principali risultati dell’approccio NTA vengono solitamente pubblicati in giornali diversi rispetto a quelli in cui vengono pubblicate le evidenze dell’approccio AVB. Inoltre, un altro ostacolo è la terminologia utilizzata, a sua volta derivata dalla definizione di linguaggio su cui i due approcci si basano. Apparentemente si pensa che una semplice traduzione di “richiesta” in “mand”, oppure di “denominazione” in “tact”, oppure “ricettivo” in “listener” ecc. possa superare questo ostacolo. In realtà, occorre tenere presente che i due approcci seguono delle tecniche di insegnamento diverse, ad esempio, l’insegnamento del “chiedere” e del “rispondere”, che sono nel caso dell’AVB due concetti diversi, e quindi vengono insegnati in maniera nettamente diversa, per l’NTA sono componenti degli scambi conversazionali attraverso domanda-risposta e quindi vengono insegnati in maniera simile.
Ma oltre a queste barriere che possono essere superate avendo chiaro in mente quale sia la visione del linguaggio seguita da un approccio o dall’altro, è presente una fondamentale differenza fra i due approcci e riguarda l’attenzione o enfasi che viene posta agli “strati” di controlli degli stimoli nei i due approcci. Infatti, in entrambi gli approcci sono presenti due tipologie di controllo dello stimolo diverse, ma anche parallele. In particolare, uno strato corrisponde al livello con cui il setting di insegnamento corrisponde all’ambiente naturale nel quale il terapista spera di vedere che un tale linguaggio avvenga, nel quale l’insegnamento attraverso DTT e il NET rappresentano le parti opposte dello stesso continuum. E poi c’è l’altro strato di controllo dello stimolo, il quale da una parte è costituito dal livello con cui determinati antecedenti (che possono essere una variabile motivazionale, uno stimolo verbale ecc), e delle specifiche conseguenze, che eventualmente possono controllare l’insegnamento del bambino, sono incorporate efficientemente nelle fasi istruttive. In questo caso i due apici del continuum sono costituiti dal rigore sequenziale da una parte, così come suggerito da Skinner, e dall’incertezza di controllo sul comportamento verbale da parte degli stimoli presenti dall’altro.
Per quanto riguarda il primo strato di controllo dello stimolo, chi utilizza l’NTA pone sicuramente maggiore attenzione all’apprendimento in ambiente naturale, quindi tenderà a svolgere tutte le sessioni di insegnamento direttamente in ambiente naturale; mentre chi utilizza l’AVB presentando un approccio più moderato, preferisce svolgere le sessioni di apprendimento in ambente strutturato, e l’ambiente naturale come fonte di apprendimento spontaneamente indotto.
Per quanto riguarda il secondo strato di controllo dello stimolo, chi utilizza l’AVB tenderà a strutturare le sessioni in modo tale da rendere evidenti gli antecedenti e le conseguenze. Al contrario, chi utilizza l’NTA non bada molto a tale dettaglio sequenziale, e quindi il linguaggio evocato è generalmente il risultato di una serie di stimoli di controllo che agiscono in simultanea, alcuni associati con mand, altri associati con altri operanti verbali.
Descrizione delle procedure utilizzate da diversi approcci di insegnamento naturalistico
Qui di seguito è presente una selezione di strategie utilizzate da chi impiega l’approccio NTA.

Incidental Teaching (IT)
Secondo Fenske, Krantz and McClannahan (2001), l’IT si costituisce dei seguenti step: prima di tutto il terapista prepara un setting che integra diversi materiali che piacciono ai bambini. Successivamente aspetta che il bambino si mostri interessato ad uno dei materiali a disposizione, e a quel punto, trovato cosa interessa al bambino, pone delle domande oppure stimola una descrizione più accurata di quello che il bambino vuole, prima di fornirgli l’oggetto in questione. Ogni sessione di apprendimento è costituita da un trial di apprendimento e un breve periodo di interazione, per poi togliere l’oggetto e aspettare un successivo inizio di interazione. Uno degli svantaggi maggiore dell’IT è che generalmente in una sessione di insegnamento si riesce ad incorporare solo una sessione di apprendimento, al contrario del discrete-trial teaching (DTT), impiegato da chi utilizza l’ABA, dove vengono svolti numerosi trial. Per ovviare questo limite, Charlop-Christy and Carpenter (2000) hanno ideato il MITS o Multiple Incidental Teaching Sessions, che consiste in una ripetizione di trial di apprendimento, simile ad un ripetizioni di IT.
Mand-Model Procedure
Il nome di tale procedura, ideata da Rogers-Warren and Warren (1980), non indica che viene insegnato al bambino l’operante verbale mand, ma bensì, il nome fa riferimento al comportamento del terapista nei confronti del bambino. Nello specifico, una sessione di Mand-Model inizia generalmente con il terapista che posizione nella stanza, in diverse posizioni, dei giochi che piacciono al bambino. Prima di iniziare una seduta, il terapista identifica un criterio individuale di risposta, secondo il quale può man mano guidare il bambino in frasi più complesse, stimolate attraverso delle richieste – mand da parte del terapista. Questa procedura ha delle caratteristiche uniche rispetto alle altre procedure utilizzate in NTA, perché si basa su delle conoscenze che il bambino già possiede, infatti non coinvolge oggetti nuovi, ma mette a focus la generalizzazione di oggetti familiari. Inoltre, contiene più sessioni correttive, durante le quali il terapista aiuta con dei “prompt”.
Natural Language Paradigm (NLP) and Pivotal Response Training (PRT)
L’NLP è una procedura costituita da diverse fasi, e introdotta per la prima volta da Koegel, O’Dell, and Koegel (1987). Prima di tutto l’adulto e il bambino sono seduti uno di fronte all’altro e una serie di oggetti o giochi divertenti si trovano sul tavolo. Quindi il terapista ne sceglie tre e chiede al bambino di sceglierne uno (questo costituisce una valutazione delle preferenze del bambino). A quel punto l’adulto sfrutta l’oggetto di interesse del bambino per svolgere un’attività di gioco e quindi una frase associabile (ad esempio: “il pesce nuota”) seguito da una pausa di pochi secondi per permettere al bambino di ripetere le parole. Ogni imitazione vocale, da accesso all’oggetto con cui il bambino interagisce brevemente. A quel punto l’adulto toglie il gioco, e mostra al bambino un esemplare diverso dello stesso genere (ad esempio un pesce con un altro colore) e associa a quell’oggetto una frase (ad esempio: “il pesce è blu”). Dopo una breve interazione, il terapista presenta una nuova serie di oggetti, procedendo con la stessa ripetizione di fasi.
Evoluzione dell’NLP è il Pivotal Response Training (PRT) (Koegel, Koegel, Harrower, & Carter, 1999), il cui primo step è costituito dal NLP. Questa procedura identifica i comportamenti fondamentali che possono produrre un cambiamento attraverso una varietà di aree di funzionamento. Lo scopo del PRT è infatti quello di aumentare il repertorio sociocomunicativo e la responsività da un punto di vista motivazionale e di autoregolazione rispetto all’ambiente esterno, insieme alla responsività a stimoli sociali e a molteplici stimoli che agiscono in contemporanea. Aspetti fondamentali del PRT che lo rendono unico rispetto alle altre procedure utilizzate in NTA è proprio l’interesse per l’insegnamento del linguaggio soprattutto nella sua accezione sociale, andando direttamente ad agire sul comportamento sociale, infatti più delle altre procedure, prevede il coinvolgimento dei genitori nell’implementazione delle procedure.
Analisi concettuale
Nonostante tutte le procedure descritte siano comunemente impiegate da chi utilizza l’approccio NTA, se valutate attentamente è possibile notare che presentano molte somiglianze con i principi di Skinner che guidano invece l’AVB. Ad esempio, la presenza di uno stimolo non verbale durante le sessioni (cioè gli oggetti che interessano al bambino), suggerisce similitudine con l’utilizzo dello stimolo controllo tramite il quale si esplica il concetto di tact secondo Skinner. Inoltre, l’avvio dell’interazione con l’oggetto da parte del bambino (così come avviene nell’IT), come anche l’incorporare dell’assessment delle preferenze (così come avviene nell’NLP), aumentano la probabilità che il rilascio di un determinato stimolo contingente, successivo al linguaggio, stabilisca una storia di apprendimento, simile al concetto di mand espresso da Skinner. Inoltre, i prompt in ecoico sono spesso utilizzati nell’approccio NTA, in particolare quando la risposta iniziale del bambino non corrisponde a quella aspettata, e anche questa azione di aiuto in realtà sembra la definizione di ecoico data da Skinner. Infine, il Mand-Model, viene utilizzato per permettere in maniera progressiva la formulazione di frasi sempre più complesse e lunghe, mantenendo sotto controllo l’ambiente naturale, e potendo far esercitare diversi operanti verbali insieme, per tale motivo il Mand-Model è forse fra tutte le procedure impiegate quella che si avvicina di più al NET dell’ABA. Infine, per quanto riguarda l’NPL, tale procedura può favorire l’instaurarsi di vere e proprie conversazioni fra il terapista e il bambino, coinvolgendo un numero di operanti verbali ancora maggiore rispetto al Mand-Model, includendo anche il recettivo e l’intraverbale.
Conclusione
In conclusione, ci sono sicuramente delle somiglianze e delle evidenti differenze fra l’AVB e l’NTA. Molte differenze in realtà possono essere superate da un “ragionata” traduzione di alcuni termini utilizzati nell’approccio NTA, ma soprattutto occorre favorire lo scambio di opinioni ed essenzialmente la comunicazione fra esperiti utilizzatori dell’approccio AVB ed esperti utilizzatori dell’approccio NTA. Articoli come questo sono quindi fortemente consigliati, al fine di avvicinare all’approccio NTA un “pubblico” generalmente dedicato all’approccio AVB e viceversa. Successivamente, l’unico modo per vedere se la conoscenza di entrambi i due approcci da parte degli esperti possa realmente portare a dei benefici durante gli interventi, occorre verificare empiricamente l’unione di alcuni aspetti provenienti dai due approcci direttamente sul campo.
Letteratura
Charlop-Christy, M. H., & Carpenter, M. H. (2000). Modified incidental teaching sessions: A procedure for parents to increase spontaneous speech in their children with autism. Journal of Positive Behavior Interventions, 2, 98–112.
Koegel, L. K., Koegel, R. L., Harrower, J. K., & Carter, C. M. (1999). Pivotal response intervention I: Overview of Approach. Journal of the Association for Persons with Severe Disabilities, 24, 174–185.
Koegel, R. L., O’Dell, M. C., & Koegel, L. K. (1987). A natural language paradigm for teaching non-verbal autistic children. Journal of Autism and Developmental Disorders, 17, 187–199.
Fenske, E. C., Krantz, P. J., & McClannahan, L. E. (2001) Incidental teaching: A not-discrete-trial teaching procedure. In Maurice, C., Green, G., & Foxx, R. M. (Eds.), Making a Difference: Behaivoral intervention for autism (pp. 75-82). Austin, TX: PROED.
Rogers-Warren, A. & Warren, S. F. (1980). Mands for verbalization: Facilitating the display of newly trained language in chil Skinner, B. F. (1957). Verbal behavior. Cambridge,MA: Prentice Hall.
Stokes, T. F. & Baer, D. M. (1977). An implicit technology of generalization. Journal of Applied Behavior Analysis, 10, 349–367.
Sundberg, M. L., & Partington, J. W. (1998). Teaching language to children with autism or other developmental disabilities. Pleasant Hill, CA : Behavior Analysts, Inc.
REalizzazione e Sviluppo di un Trattamento a distanza per bambini con Autismo Residenti nel centro-sud ITalia
Razionale
L’associazione Umbrella, nel recente periodo di maggiore emergenza sanitaria legata al COVID-19, ha cercato sin da subito di aiutare tutte le famiglie afferenti ai suoi centri, soprattutto nella prima fase della pandemia, quando il lockdown non permetteva la terapia in presenza.
Seguendo le linee guida rilasciate a livello nazionale dall’Istituto Superiore di Sanità in merito al sostegno delle persone nello spettro autistico (Osservatorio Nazionale Autismo ISS, 2020), abbiamo dato supporto a distanza ai nostri bambini e alle relative famiglie per non perdere i risultati ottenuti e lavorare quindi sul mantenimento, quando non era possibile procedere con l’apprendimento di nuovi obiettivi.
Durante questo periodo di terapia a distanza abbiamo cercato di identificare sia i bisogni emergenti fra le nostre famiglie, cui si doveva far fronte immediatamente, sia i bisogni che si sarebbero dovuti affrontare una volta che la situazione sarebbe tornata gestibile. Le principali problematiche emerse fra le famiglie afferenti all’associazione sono state le seguenti:
• difficoltà nella gestione del bambino in casa;
• difficoltà nel raggiungimento della sede di Umbrella per effettuare la terapia;
• eccessivo dispendio economico e difficoltà organizzative per effettuare gli spostamenti;
• mancanza di un supporto terapeutico e scolastico costante nel tempo ed efficiente;
Queste problematiche ci hanno confermato che l’assistenza a distanza che abbiamo fornito era sicuramente di beneficio per le famiglie nella gestione e il monitoraggio del bambino, ma dall’altra sottolineavano il bisogno di un supporto più organizzato, strutturato e inclusivo, il quale avrebbe dovuto contenere anche la scuola e i terapisti.
A tal proposito, negli ultimi mesi, abbiamo parallelamente effettuato delle ricerche per verificare quale fosse la situazione a livello nazionale. Come ci aspettavamo, le problematiche riportate dalle nostre famiglie costituivano uno spaccato di quello che stava accadendo a livello nazionale ed internazionale. Secondo Colizzi e colleghi (2020) il periodo della quarantena ha causato nei bambini autistici un aumento significativo della frequenza e dell’intensità dei problemi comportamentali, ed inoltre un supporto assistenziale adeguato, era la richiesta maggiormente condivisa dai genitori.
Affianco alle difficoltà cliniche, non sono da sottovalutare le problematiche relative alla gestione della disabilità in termini di servizi erogati dal territorio, dove mancanze e ritardi presenti in condizioni normali, sono stati ulteriormente peggiorati da tale situazione pandemica, in questo senso le regioni del meridione, sono state sicuramente più colpite. La disparità nei servivi erogati alle persone disabili sul territorio nazionale, non è in infatti una condizione del tutto nuova. Essenziale a tal proposito risulta essere l’indagine svolta nel 2016 dall’Istituto Superiore di Sanità dal titolo “Disturbi dello Spettro Autistico in età evolutiva: indagine nazionale sull’offerta sanitaria e sociosanitaria”. Tale indagine ha evidenziato una forte disomogeneità fra le regioni in ciò che concerne i servizi offerti, la metodologia impiegata e l’organico delle unità operative, a cui le famiglie devono rispondere con ulteriore dispendio sia economico, sia di tempo, necessario per raggiungere altre strutture che sono probabilmente dislocate fuori regione (Chiarotti, et al., 2017), non a caso molte famiglie afferenti ai nostri centri, provengono dal meridione. Altre indagini più recenti effettuate dall’ISTAT, e riguardanti più in generale la popolazione con disabilità sul territorio italiano, rivelano un forte divario nell’offerta dei servizi socio-assistenziali fra il Nord e il Sud dell’Italia (ISTAT, 2020a). Simili disparità fra il Nord ed il Sud sono riscontrabili anche nei servizi offerti a livello scolastico (ISTAT, 2020b).
Considerando questo quadro situazionale, abbiamo pensato di rispondere con un servizio a distanza ad hoc per le regioni del meridione,e tale servizio è alla base del nostro progetto di ricerca RESTART, finanziato dalla Fondazione Terzo Pilastro Internazionale.
L’intervento inizierà con il coinvolgimento della regione Calabria, in particolare la provincia di Catanzaro, dove è particolarmente difficile accedere a servizi di qualità per bambini con diagnosi di autismo, e proseguirà man mano con altre regioni.
Scopo
Con il progetto RESTART si mira a rispondere ai bisogni emersi negli ultimi mesi fra le famiglie con bambini con autismo, attraverso un approccio a distanza. Nello specifico il supporto a distanza verrà fornito su più fronti:
- supportare i genitori nella gestione terapeutica attraverso il Parent Training;
- supportare il rapporto con la scuola, anche nel reinserimento scolastico del bambino, attraverso il Teacher Training;
- supportare la gestione terapeutica del bambino tramite supervisione del terapista.
Metodi
L’intervento proposto dal nostro progetto RESTART inizierà con il coinvolgimento di 12 bambini con diagnosi di autismo di età compresa fra i 2 e i 10 anni. Il progetto avrà la durata di 6 mesi, durante i quali verranno erogate un totale di 18 ore di servizi a distanza per singolo bambino.
Nel corso dei 6 mesi, verranno effettuate delle valutazioni secondo il modello Umbrella ad inizio progetto (T0-mese 1) e a fine progetto (T1-mese 6), per monitorare i miglioramenti. Inoltre, verranno raccolte e valutate delle informazioni cliniche e psicologiche riguardanti il bambino, tramite delle valutazioni cliniche svolte da dei centri di neuropsichiatria di riferimento, e altre informazioni riguardanti i genitori, il bambino stesso e la scuola, tramite la compilazione di questionari specifici. In particolare, i questionari di autovalutazione andranno a misurare i seguenti aspetti nei genitori:
- efficacia genitoriale;
- senso di competenza genitoriale;
- stress genitoriale;
- aderenza al trattamento nei genitori.
Per quanto riguarda il bambino, i questionari compilati dai genitori, andranno a misurare i seguenti aspetti:
- comportamenti problema in casa;
- capacità comunicative;
- sintomatologia percepita dai genitori.
Per quanto riguarda la scuola, i questionari erogati agli insegnanti, andranno a misurare i seguenti aspetti:
- comportamenti problema a scuola;
- senso di competenza dell’insegnante.
Infine, al termine del progetto verrà data una restituzione ai genitori da parte del responsabile dei centri Umbrella, il Dr. Leonardo Fava, sui risultati ottenuti dal proprio bambino.
Risultati attesi
Grazie al supporto a distanza fornito dal progetto RESTART, si potrà migliorare la capacità di gestione del bambino ad ampio spettro. Tramite i servizi erogati con questo intervento, ci si aspetta di osservare un miglioramento del benessere dei bambini e dei relativi nuclei familiari, in termini di: qualità della vita del nucleo famigliare e sintomatologia autistica del bambino. Con questo progetto cercheremo di fornire supporto a delle famiglie che in questo particolare periodo storico stanno affrontando una serie di disagi mai incontrati in passato.
Le Social Stories sono degli strumenti di intervento comunemente utilizzati in terapia per bambini con Disturbo dello Spettro Autistico (DSA). La loro ideazione risale ai primi anni ’90, quando Gray e Garand le presentarono come strumenti per insegnare determinati comportamenti sociali o ridurre specifici comportamenti disadattivi o inappropriati. Le prime Social Stories erano costituite da una combinazione di sole frasi, il cui scopo era quello di affrontare lo specifico comportamento target che doveva essere incentivato o contenuto. Se le prime Social Stories erano costituite da solo testo, con il tempo le linee guida per la loro realizzazione sono cambiate, infatti si sono arricchite con immagini, e ad oggi vengono presentate non solo utilizzando libri, ma anche formati diversi, come video o presentazione multimediali.
Tuttavia, se da una parte è indubbio l’utilizzo delle Social Stories nella normale pratica clinica, il cui utilizzo è supportato anche da numerose pubblicazioni, dall’altra esistono revisioni della letteratura dedicata a tale tematica che hanno evidenziato diverse problematiche riguardanti l’efficacia di tale procedura. Per questo motivo è estremamente importante che questo loro diffuso utilizzo nella normale pratica clinica, sia anche supportato da compravate evidenze scientifiche che ne attestino l’efficacia.
Per avere una misura dell’efficacia di questo intervento è necessario rispondere a tre principali tipi di domande:
- Le Social Stories sono efficaci quando utilizzate come unico intervento?
- L’efficacia delle Social Stories è stata confrontata con quella di altri interventi nella stessa popolazione in esame?
- Quando le Social Stories sono utilizzate come strumento aggiunto ad altre procedure, producono effettivamente un ulteriore beneficio?
La revisione della letteratura di Milne e colleghi, ha cercato di rispondere a tutte queste domande analizzando i risultati di una serie di articoli scientifici accuratamente selezionati in base ai seguenti criteri di inclusione:
- l’articolo doveva essere stato pubblicato in un giornale che seguiva delle procedure di pubblicazione standard che ne garantivano la qualità;
- l’articolo doveva essere sperimentale, doveva quindi esaminare gli effetti di un intervento su un predefinito gruppo di individui;
- l’intervento descritto nell’articolo doveva contenere l’impiego delle Social Stories;
- l’intervento doveva essere effettuato su un gruppo di individui con diagnosi di DSA, disabilità dello sviluppo o intellettive.
In base a questi criteri di inclusione sono stati selezionati 23 articoli pubblicati fra Gennaio 2013 e Dicembre 2018. Questi 23 articoli sono stati suddivisi in 3 gruppi: 1) articoli in cui veniva testata l’efficacia delle sole Social Stories; 2) articoli in cui veniva confrontata l’efficacia delle Social Stories rispetto ad un altro intervento; 3) articoli in cui veniva confrontata l’efficacia delle Social Stories da sole rispetto all’unione con un altro intervento.
Dei 23 articoli selezionati:
- (gruppo 1) 13 articoli esaminavano l’efficacia delle sole Social Stories come intervento per migliorare il comportamento del bambino;
- (gruppo 2) 7 articoli mettevano a confronto le Social Stories con un altro intervento (Photo activity schedule (1), Cool versus Not Cool (1), teaching interaction procedure (1), video modeling da solo (3) e video modeling in combinazione con altri tipi di interventi (1));
- (gruppo 3) 3 articoli valutavano l’efficacia delle Social Stories rispetto a quando unite ad altri interventi, quali: Animal Assisted Therapy (AAT), differential reinforcement of zero rates of behaviors (DRO); video modeling, or functional communication training (FCT).
Dal gruppo 1 è emerso che le evidenze riportate sono risultate essere attendibili soltanto in 1 dei 13 studi esaminati (7,8%), perché nella maggior parte dei casi la metodologia impiegata non garantiva la qualità del dato.
Nel gruppo 2 tutti gli studi hanno dimostrato che l’intervento di confronto è stato più efficacie delle Social Stories.
Infine, nel gruppo 3 in tutti e 3 gli studi, quando le Social Stories si univano ad altre procedure, si è evidenziato un aumento dell’efficacia delle Social Stories, rispetto a quando venivano impiegate da sole.
Gli autori dell’articolo commentano i risultati ottenuti sottolineando che l’efficacia delle Social Stories, rispetto ad altre procedure o anche quando utilizzata da sole, non è verificata e attendibile nella maggior parte dei casi. Per questo motivo, in presenza di procedure utilizzabili per lo stesso scopo e con un’efficacia più attendibile rispetto alle Social Stories, l’utilizzo di tali procedure dovrebbe essere favorito. Probabilmente, le Social stories potrebbero essere di aiuto o di rinforzo ad altre procedure, ma non si dovrebbero considerare come procedure standard da utilizzarsi nei bambini con DSA.
Fino a quando non esisteranno degli studi che garantiscono una efficacia attendibile delle Social Stories, lo psicologo clinico, ha il compito di informare il genitore o la scuola, della ridotta affidabilità di questo intervento e suggerire l’impiego di procedure alternative più affidabili. In maniera paragonabile, bisognerebbe fare della corretta informazione anche in rete, infatti tramite l’utilizzo di social media, blog, forum o altri mezzi, l’impiego delle Social Stories dovrebbe essere sconsigliato e non incoraggiato.
Articolo originale: What Is the Proof Now? An Updated Methodological Review of Research on Social Stories ETADD (2020) v55 n3 p264-276; ISSN-2154-1647
La durata e l’intensità della terapia influenzano l’efficacia del trattamento?
Valutazione degli effetti della durata e dell'intensità della terapia sugli obiettivi del trattamento in bambini con disturbo dello spettro autistico
Dall’impiego dei principi dell’Applied Behavior Analysis, anche conosciuta con il nome di ABA, derivano i più efficaci protocolli di trattamento per i Disturbi dello Spettro dell’Autismo (DSA), per questo motivo ad oggi, l’applicazione dei principi dell’ABA, è alla base della maggior parte dei percorsi terapeutici realizzati per il trattamento dei DSA. Tuttavia, se da una parte l’efficacia di tali protocolli è ormai verificata da anni di attività sul campo, dall’altra è stato anche osservato che non tutti i pazienti rispondono in modo uguale ad uno stesso protocollo di trattamento. Per questo motivo, al fine di rendere ancora più efficacie il trattamento, negli ultimi anni la ricerca sta cercando di capire quali siano i fattori che possano favorire o ostacolare l’ottenimento dei migliori risultati.
Gli aspetti che negli anni sono stati studiati sono molti e raggruppabili in due sottocategorie: le caratteristiche specifiche del bambino (ad esempio l’età, la gravità dei sintomi ecc..), e le caratteristiche della terapia, come la durata (ad esempio i mesi di terapia) e l’intensità (ad esempio le ore settimanali di terapia). Nello specifico, la durata e l’intensità, che unite insieme costituiscono il “dosaggio” di una specifica terapia, sono aspetti ampiamente studiati dalla ricerca focalizzata sull’applicazione dell’ABA.

Lo studio oggetto del presente articolo è stato elaborato con il fine di chiarire i risultati ottenuti in precedenza riguardanti l’efficacia di protocolli basati sui principi dell’ABA e realizzati per il trattamento dei DSA. Nello specifico approfondisce l’efficacia di diversi protocolli in termini di durata e intensità di terapia, sull’apprendimento di otto diversi domini in pazienti con DSA, quali: le abilità accademiche, adattive, cognitive, esecutive, di linguaggio, motorie, di gioco e sociali.
Popolazione studiata
Linstead e colleghi, autori dello studio, hanno quindi esaminato dati precedentemente raccolti e conservati in un database, chiamato “Skills” (https://www.skillsforautism.com/), il quale da anni colleziona dati provenienti da studi che prevedevano l’impiego dei principi dell’ABA per il trattamento dei DSA. Da questo database sono stati quindi estratti i dati dei pazienti aventi i seguenti criteri di inclusione: fra i 18 mesi e i 12 anni di età, riceventi almeno 20 ore di trattamento ABA al mese e con almeno un mese di terapia completato. Tali criteri di inclusione hanno permesso di selezionare un totale di 1468 pazienti, di cui 1156 maschi e 312 femmine.

Ogni abilità corrisponde ad una bolla colorata. Maggiore è la dimensione della bolla, maggiore sarà l’influenza della durata e dell’intensità della terapia sull’apprendimento della corrispondente abilità.
Caratteristiche dei protocolli
Per quanto riguarda i protocolli di trattamento seguiti dal campione in esame, tutti seguivano il modello CARD (Center for Autism and Releated Disorders Model for ASD). Inoltre, nonostante ci fossero delle differenze dovute alle necessità del singolo, tutti i protocolli avevano delle caratteristiche in comune quali:
- Terapia one-to-one, quindi il terapista da solo con il paziente;
- Il protocollo di apprendimento prevedeva sia delle fasi in ambiente strutturato, sia delle fasi in ambiente naturale;
- La terapia per il linguaggio si basava sull’impiego del verbal behavior approach, il quale incoraggia lo sviluppo del linguaggio da un punto di vista motivazionale;
- Sono stati utilizzate entrambe le strategie: sia l’apprendimento senza errori che le strategie di prompting least-to-most (dalla meno intrusiva alla più intrusiva)
- Tutti i protocolli di trattamento prevedevano l’impiego di principi e procedure validate in maniera sperimentale, come il rinforzo, l’estinzione, l’utilizzo dello stimolo ecc..
- Sia la valutazione, sia il trattamento dei comportamenti problema, seguiva un approccio funzionale, cioè lo scopo era capire quale finalità ci fosse dietro quel comportamento apparentemente problematico o disfunzionale;
- I genitori erano inclusi in tutte le fasi decisionali riguardanti il trattamento e ricevevano training in maniera regolare;
- La supervisione diretta era fornita in maniera regolare e frequente (anche più volte alla settimana), ed effettuata da esperti in materia.
Risultati su intensità e durata
Dall’analisi dei dati selezionati si è evidenziato come sia l’intensità che la durata del trattamento hanno avuto un effetto significativo sull’apprendimento di tutti i domini di trattamento selezionati, in particolar modo nelle abilità accademiche e di linguaggio è stata evidenziata una relazione dose-risposta più marcata, suggerendoci nel complesso che entrambi gli aspetti sono da prendere in esame per ottenere un apprendimento migliore. Tuttavia, la durata del trattamento è sembrata avere un effetto più marcato su tutti i domini, rispetto all’intensità, da ciò si deduce che al fine di apprendere una data abilità, è importante che il trattamento sia sufficientemente lungo, tanto da garantirne l’apprendimento.
Sebbene tutti i domini risultino migliorare significativamente all’aumentare della durata o dell’intensità del trattamento, si conferma una variabilità nella risposta in base al dominio selezionato, nello specifico la variabilità più bassa è stata riscontrata nelle abilità motorie e adattive, indicando che questi aspetti sono meno influenzati dalle differenze del singolo bambino o del protocollo di trattamento. Tuttavia, per questi domini sono anche stati raggiunti i risultati meno significativi. Al contrario, le funzioni esecutive sembrano essere più sensibili alla durata del trattamento rispetto agli altri domini.
Risulta inoltre interessante il risultato ottenuto per le abilità cognitive, di gioco e sociali, per le quali si sono ottenuti dei risultati paragonabili per quanto riguarda l’effetto della durata e dell’intensità della terapia sulla risposta al trattamento. Questo risultato merita maggiore attenzione perché questi domini si sovrappongono ai core deficit del DSA, fatta eccezione per i comportamenti ripetitivi e stereotipati, che nel presente studio non sono stati presi in esame. Un altro aspetto rilevante evidenziato da questo studio è stato che indipendentemente dall’età del bambino, tramite un aumento dell’intensità e della durata del trattamento si sono potuti ottenere dei risultati migliori. Questo risultato contribuisce ulteriormente alla relazione fra età del bambino e benefici del trattamento, aspetto ancora oggetto di studio poiché sono emersi nel corso degli anni diversi risultati contrastanti.
Rilievi conclusivi
Nel complesso, questi risultati ci dicono che la raccolta e quindi l’analisi dei dati è essenziale per migliorare la risposta al trattamento, perché solo conoscendo quali condizioni favoriscono i risultati migliori, come ad esempio una completa padronanza di un’abilità, si potrà definire un trattamento veramente efficacie. Per questo motivo l’utilizzo dei big data in questo ambito è estremamente utile, perché ci permetterebbe di avere sempre di più dei risultati accurati, poiché unendo insieme un gran numero di informazioni sia sulle caratteristiche dei bambini e che sui protocolli di trattamento, sarà possibile definire in maniera sempre più dettagliata, come sia l’intensità che la durata della terapia, quindi la loro relazione, in certe misure e quantità, siano migliori per alcuni domini piuttosto che per altri. Quindi sarà possibile avere sempre più strumenti per ideare dei protocolli di trattamento che rispondano alle reali necessità del singolo, siano cioè preparati ad hoc per ogni paziente.
I bambini che presentato i disturbi dello spettro autistico (DSA) manifestano spesso anche dei problemi di coordinazione motoria e di manualità, i quali sembrano migliorare molto quando viene svolta dell’attività fisica o sportiva in modo regolare. Infatti il movimento, rafforzando il tono muscolare, permetterebbe una conseguente riduzioni di alcune delle problematiche motorie purtroppo comuni in questi bambini.
Inoltre, lo svolgimento di attività fisica o sportiva è legato ad altri aspetti non solo connessi agli immediati risultati in termini fisici e motori, infatti esistono numerosi benefici legati all’aspetto educazionale e di aggregazione che da sempre fanno parte degli sport di gruppo. Qui di seguito ne abbiamo elencate alcune fra le più importanti da non sottovalutare:
-
Manualità, responsabilità, condivisione: le attività sportive prevedono il raggiungimento di obiettivi che richiedono la focalizzazione contemporanea su diversi aspetti. Tali aspetti includono la manualità e motricità, la responsabilità delle proprie azioni e la capacità di condivisione con i pari.
-
Socializzazione: lo sport di gruppo necessità della collaborazione di tutti i componenti della squadra, quindi contribuisce enormemente a migliorare sia la comunicazione che la socializzazione funzionale tra i pari.
-
Generalizzazione degli apprendimenti e sensibilizzazione: lo svolgimento di attività, comprese quelle sportive, che richiedono il coinvolgimento delle famiglie (inclusi i fratelli e sorelle) o in maniera più ampia delle istituzione di gruppi di gioco, permette la condivisione e l’elaborazione di esperienze, promuovendo in tutti i partecipanti l’acquisizione di strategie funzionali volte a migliorare la qualità del rapporto tra fratelli, a comprendere meglio l’effetto che la disabilità ha e avrà sulla vita di ciascuno dei familiari e a riconoscere i propri stati emotivi in risposta ad una situazione in ambiente seminaturale con il proprio fratello o sorella.

-
Contrastare l’isolamento crescente dei bambini con autismo nella comunità sociale: la possibilità di dedicarsi ad un sport offre numerose opportunità di apprendimento e inserimento sociale a tutti i bambini, ancora di più ai bambini con DSA, perché da una parte si sviluppano una serie di abilità e capacità per adattarsi a diversi ambienti, persone e contesti in maniera più funzionale, e dall’altro si crea un ambiente di ritrovo per i compagni di classe e amici dove la relazione con il bambino con DSA possa essere mediata e facilitata dall’operatore.
-
Uguaglianza e pari opportunità: non dimentichiamoci che i bambini con DSA, sono prima di tutto bambini e il diritto allo sport è sancito dalla Carta internazionale dei diritti dei bambini. Inoltre, lo sport è un diritto per le persone con disabilità secondo la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2009.
Questi sono solo alcuni bei potenziali benefici dati dallo svolgimento di attività sportiva o fisica in maniera costante in questi bambini, bisogna quindi informare e formare non soltanto il nucleo familiare ma tutta la comunità su tale argomento per aumentare la possibilità di accesso a bambini con DSA in attività sportive di gruppo, tramite l’attivazione di società sportive o anche più semplicemente tramite il coinvolgimento di strutture locali, come gli oratori o i circoli sportivi. In questo modo sarà possibile intraprendere iniziative volte a controllare ed arginare il fenomeno della discriminazione nello sport.
La scelta dell’attività sportiva
La scelta della migliore attività sportiva per il proprio bambino non è mai semplice e risulta ancora più complessa per i bambini DSA. Questo perché si basa su una delicata combinazione tra le caratteristiche del disturbo, le peculiarità individuali del bambino, gli aspetti tipici dell’attività sportiva e le necessità organizzative, economiche ed emotive dei genitori.
Quindi è importante aiutare e guidare i genitori del bambino con DSA anche in questo caso, affinché sia loro garantito il diritto allo sport, e noi di Umbrella siamo qui anche per questo!
Molti bambini affetti da Disturbo dello Spettro Autistico hanno difficoltà a dormire ma esistono alcune strategie che possono aiutarli. In questo articolo condividiamo alcune tecniche che sono rivolte ai bambini di tutte le età, compresi gli adolescenti, con l’obiettivo di migliorare il ritmo sonno/veglia e la qualità della vita di tutta la famiglia.
Quando si seleziona una delle strategie di apprendimento del sonno, ci sono alcuni suggerimenti da tenere presente:
Bisogna scegliere le strategie che si adattano bene allo stile di vita della tua famiglia.
Inizia ad attuare le strategie quando hai il tempo e l’energia per assicurarti un’implementazione accurata.
Incomincia con una piccola modifica, poi incorpora lentamente le altre modifiche.
Sii paziente. Ci vogliono delle settimane e tanta persistenza per vedere un cambiamento duraturo!
- Fornire un ambiente di sonno confortevole
È importante creare un ambiente di sonno sicuro e tranquillo per tuo figlio. Ovunque esso dorma, ha bisogno di uno spazio che sia tutto suo e dovrebbe essere lo stesso luogo ogni notte. La camera da letto deve essere confortevole (non troppo calda, non troppo fredda), tranquilla e quanto più possibile buia. Se la stanza è troppo buia, aggiungi una luce notturna soffusa e lasciala accesa per tutta la notte. Se c’è luce che entra nella stanza dall’esterno, prendi in considerazione l’aggiunta di tende più pesanti per coprire le finestre.
- Fornire un ambiente silenziosa
La stanza dovrebbe essere silenziosa durante la notte: è meglio evitare la musica e altri suoni aggiunti per conciliare il sonno, perché questi possono interrompersi durante la notte e svegliare il bambino. Alcuni bambini possono trarre beneficio da un “rumore bianco” o un suono di sottofondo basso e continuo che non cessa per tutta la notte. Considera la condizione dell’ambiente: un bambino con disturbo dello spettro autistico può essere più sensibile ai rumori che normalmente non infastidiscono gli altri bambini e può avere problemi di ipersensibilità come il tocco delle lenzuola o del pigiama.

- Fornite al bambino una routine serale
La routine si dovrebbe svolgere nella camera dove il bimbo dormirà. Il bambino imparerà a calmarsi durante la routine se sarà fatta nello stesso modo ogni notte. I bambini piccoli o i bambini con Disturbo dello Spettro Autistico possono beneficiare di un supporto visivo o di una “lista delle cose da fare” per anticipare loro ogni passaggio. Questo aiuterà il bambino a vedere che la sua routine di buonanotte è costituita dagli stessi eventi nello stesso ordine ogni sera. Un supporto visivo aiuterà anche gli altri membri della famiglia ad aderire alla routine più facilmente. I bambini che non rispondono bene all’uso delle immagini possono trarre vantaggio dall’utilizzo di oggetti. Ogni passo nella loro routine può essere associato ad un oggetto specifico.
- Determinare quali eventi e stimoli si mostrano calmanti e quali sono stimolanti per il vostro bambino è importante
Stimoli ed attività calmanti dovrebbero essere parte della routine mentre le attività stimolanti dovrebbero essere rimossi almeno un’ora prima di andare a dormire.
Ad esempio, se il bambino trova il bagno stimolante piuttosto che rilassante, cercate di anticipare questo momento.
Per aiutarvi a gestire meglio l’integrazione della vostra routine, abbiamo preparato un supporto visivo che trovate qui di seguito.

Bambini e adulti si svegliano più volte durante la notte, è fisiologico. Ogni volta che ci svegliamo, controlliamo l’ambiente che ci circonda e poi torniamo rapidamente a dormire. Questi risvegli sono così brevi, che spesso non li ricordiamo al mattino. Se il tuo bambino non può addormentarsi da solo, allora ogni volta che si sveglierà di notte è difficile che riesca a riaddormentarsi senza cercarti.
Come insegnare al bambino ad addormentarsi in autonomia?
Il passaggio dall’addormentarsi con te a da solo dovrebbe essere fatto gradualmente, nel corso di un paio di settimane.
Se di solito ti sdrai con il tuo bambino al momento di andare a dormire, puoi cambiare il tuo modo di essere presente sedendoti sul letto per un paio di notti e poi sedendoti su una sedia accanto al letto nelle notti successive. Puoi continuare a sederti sulla sedia, ma ogni sera potresti spostarla più lontano dal letto fino ad uscire dalla stanza. Mentre stai apportando queste modifiche, riduci la quantità di attenzione che presti al tuo bambino, come il parlare o il contatto fisico.
Una volta che sei uscito dalla camera da letto, se il bambino si lamenta e non dorme, puoi aspettare qualche minuto, e poi tornare nella stanza per controllare.
Quando torni però fai che sia una breve visita (meno di un minuto) e dai un contatto fisico limitato (ad esempio un rapido bacio).
Con delicatezza ma con fermezza dì “Buonanotte” e poi lascia la stanza.
Una volta che il bambino sarà in grado di addormentarsi da solo, allora sarà possibile utilizzare le stesse tecniche se si sveglia nella notte.
La pragmatica sociale viene considerata una delle più grandi sfide per le persone con un disturbo dello spettro autistico (DSA). Ma cos’è esattamente la pragmatica sociale? l’essenza della pragmatica sociale è la capacità di usare e regolare efficacemente la comunicazione per una varietà di scopi, con una serie di interlocutori e in diverse circostanze.
Nessuno nasce con tale abilità; essa si sviluppa nel tempo e lo sviluppo dipende da tanti fattori, come ad esempio: l’attenzione congiunta, l’assunzione della prospettiva dell’altro, l’abilità di monitoraggio della comprensione da parte dell’altro e l’interesse sociale. Qui di seguito sono riportati due esempi concreti riguardanti l’uso della pragmatica sociale fra persone con sviluppo normotipico:
- Giacomo vede il suo medico di base a una festa. Lui non lo conosce al di fuori del contesto medico professionale. Giacomo e il dottore scambiano alcuni commenti impersonali sulla festa e sul tempo prima che ognuno passi a parlare con gli altri ospiti. Giacomo sapeva che avrebbe commesso un errore sociale se avesse sollevato qualsiasi argomento relativo alle sue cure mediche in quella situazione.
- Giacomo vede il suo amico Tommaso al centro commerciale. Parlano di argomenti generici in comune: gli allenamenti, il lavoro e le vacanza. Giacomo e Hank parlano dettagliatamente di questi argomenti, e danno spiegazioni su richiesta in modo che l’altro capisca il messaggio.
Questi sono esempi di situazioni ordinarie, durante le quali, senza nemmeno accorgercene, assumiamo in maniera spontanea uno stile di comunicazione piuttosto che un altro, almeno fino a quando non si verificano certi comportamenti che violano o infrangono le regole pragmatiche sociali culturali e / o le aspettative dei partner di comunicazione.
Spesso individui con DSA verbali, presentato diversi ostacoli comunicativi, molto spesso riconducibili ad una carente pragmatica sociale e comunicativa. L’incidenza e la gravità di tali problematiche in individui con disturbi dello spettro autistico possono variare in base all’età e al singolo individuo, e possono comunque anche riscontrarsi in individui con altre problematiche, ad esempio in individui con problemi di apprendimento o di linguaggio.
Caratteristiche nei soggetti con autismo ad alto funzionamento
Linguaggio sociale atipico
Sebbene la capacità di scambiare messaggi funzionali sia il cuore della comunicazione, è importante osservare le caratteristiche del linguaggio usato per trasmettere i messaggi in individui con DSA.
Gli individui con disturbo dello spettro autistico:
- Sembrano avere un buon vocabolario e un uso sofisticato del sistema linguistico basato sulle loro espressioni verbali.
- In alcuni casi il linguaggio sofisticato può riflettere la ripetizione di frammenti di dialogo ascoltati in televisione o nella conversazione di altre persone. Questa ecolalia attenuata può o non può essere usata in contesti appropriati.
- Per la maggior parte degli individui, la conoscenza del significato di parole specifiche può essere limitata e / o la gamma del vocabolario potrebbe non essere così ampia come suggerirebbero alcune espressioni. Naturalmente, alcuni individui possono avere un eccellente repertorio verbale.
- Sembrano avere difficoltà con il linguaggio figurativo come idiomi, metafore, similitudini e ironia.
- Sembrano avere difficoltà nel riconoscere che l’utilizzo di certe parole in situazioni contestuali (di conversazione) o di testo (stampa) possono avere significati diversi a seconda del contesto.
- Sembrano rispondere a suggerimenti, indicazioni o informazioni in modo molto letterale.
- Sembrano avere qualche difficoltà nell’afferrare l’idea principale, traendo conclusioni e facendo altre considerazioni su conversazione, testo, programmi TV e film.
- Sembrano avere difficoltà nel comprendere l’umorismo in programmi televisivi, film, cartoni animati (animati e statici) e interazioni quotidiane.
- Sembrano avere difficoltà con le formule di domande quali CHI, COSA, DOVE, QUANDO, PERCHE, COME.
- Sembrano capire la struttura della frase di base, ma possono avere più difficoltà con frasi più complesse che contengono clausole incorporate e subordinate.
- Possono principalmente prestare attenzione alle parole chiave piuttosto che al messaggio trasmesso dalla grammatica; potrebbe anche avere difficoltà a comprendere la grammatica e quindi ricorrere alla strategia della parola chiave.
- Potrebbero incontrare difficoltà nella comprensione della lettura se la comprensione della lingua orale è scarsa.
- Potrebbero non riuscire a collegare il contenuto di una frase a quella successiva.
Comunicazione sociale atipica
La comunicazione è un atto sociale e, a meno che non si stia conducendo un monologo con sé stessi, coinvolge almeno un’altra persona. La comunicazione all’interno di una situazione sociale può essere più difficile della semplice comprensione delle parole degli altri. Ci sono regole non scritte che governano le interazioni e queste possono cambiare a seconda delle circostanze e con chi si sta parlando. Gli individui con un disturbo dello spettro autistico potrebbero:
- Avere difficoltà a vedere la prospettiva di un’altra persona, tendendo ad interpretare i messaggi dal proprio punto di vista. Ciò influisce sull’interazione sociale e sulla comprensione della prospettiva nelle narrative, sia nel testo, nei film o nel formato TV.
- Avere difficoltà a capire che le altre persone hanno pensieri, idee e motivazioni personali uniche.
- Non dare o avere un contatto visivo minimo durante un’interazione; il contatto visivo può essere fonte di distrazione o fornire più informazioni sensoriali di quelle che possono essere utili o elaborate dal loro.
- Avere difficoltà a rimanere sul tema; potrebbe essere distratto dalle associazioni date dalle loro stesse parole o dalle affermazioni degli altri.
- Consegnare monologhi o lezioni su un argomento preferito piuttosto che consentire / partecipare al reciproco coinvolgimento con un partner di comunicazione.
- Parla ad alta voce in situazioni pubbliche e ignorare che gli altri possano ascoltare il contenuto del discorso personale.
- Avere difficoltà a prestare attenzione ad un messaggio uditivo se stressati, agitati o fortemente stimolati.
- Fare delle affermazioni che sono effettivamente vere ma socialmente inappropriate a causa della mancanza di consapevolezza dell’impatto delle loro affermazioni sugli altri.
- Non conoscere le strategie per avviare, terminare o facilitare una conversazione.
- Avere difficoltà a comprendere il significato del ruolo di un altro e la necessità di adattare di conseguenza l’argomento, il vocabolario, la grammatica e il tono della conversazione.
- Avere difficoltà nel considerare il proprio ruolo nel fornire al partner di comunicazione informazioni sufficienti per comprendere il messaggio. Inoltre, potrebbero avere difficoltà nel supporre quali informazioni il partner abbia già e quali nuove informazioni siano necessarie.
- Non monitorare la propria comprensione dei messaggi in arrivo e quindi non richiedere chiarimenti, quando necessario.
- Mostrare un buon ricordo dei nomi, dei fatti e / o delle informazioni banali ma la profondità della conoscenza di un argomento può essere superficiale.
- Risultano perseveranti o fastidioso su argomenti limitati. Potrebbero fare domande ripetitive.
- Desiderare l’interazione sociale, ma hanno difficoltà nel capire come avviare e mantenere un’amicizia.
- Sperimentare difficolta nel riconoscere le bugie, gli inganni e le cattiverie degli altri (soggetto al bullismo).
- Avere difficoltà a riconoscere, identificare e comprendere vari altri stati emotivi espressi dagli altri e sapere come reagire in quella situazione.
- Avere difficoltà a fare previsioni sulle conseguenze di una situazione e comprendere la motivazione degli altri; di solito sono molto concreti e socialmente ingenui.
- Avere difficoltà nel multitasking, cioè parlare o ascoltare mentre si fa qualcos’altro allo stesso tempo; potrebbe essere necessario fare una cosa alla volta.
Gli elementi specifici della pragmatica sociale funzionale
L’attenzione per l’uso pragmatico si applica agli individui che usano la parola, la scrittura o un’altra forma di comunicazione aumentativa. La pragmatica è ciò che aiuta le persone ad entrare in contatto sociale con gli altri, ed è indipendente dalla forma di comunicazione utilizzata. Gli elementi specifici della pragmatica sociale includono:
Funzioni di comunicazione
- Intenzionalità della comunicazione. L’intenzionalità implica la capacità di generare messaggi con un determinato scopo, in un determinato contesto comunicativo, ad esempio: richieste, commenti, domande, persuasione, rifiuti, negazioni. Tale aspetto è influenzato anche all’età e dall’esperienza del soggetto.
- Frequenza di scambi comunicativi. La frequenza indica il numero di messaggi comunicativi diretti al proprio interlocutore durante una conversazione. Teoricamente nelle situazioni di conversazione sociale ci dovrebbe essere un equilibrio tra i messaggi inviati e quelli ricevuti per permettere un equo scambio di messaggi.
Gestione del discorso (ad esempio, gestendo la conversazione per mantenerla fluente ed efficace)
- Turn Allocation. L’assegnazione di turnazioni implica prendere un turno di conversazione al momento opportuno, cioè da una parte la capacità di riconoscere un segnale che termina un turno e dall’altra limitare il parlare al proprio turno.
- Temi. Gli argomenti di conversazione riguardano un tema, a meno che non ci sia un segnale da parte del proprio partner di comunicazione che lo cambierà. Include anche la capacità di introdurre gradualmente uno nuovo argomento.
- Riparazione di interruzioni di conversazione. La riparazione conversazionale implica prima di tutto il riconoscimento di un’interruzione nella comunicazione o nel livello di comprensione da parte del partner di comunicazione, e il successivo utilizzo di strategie come la ripetizione, la riformulazione o l’aggiunta di informazioni per facilitare la comprensione.
Variazione del Registro conversazionale
- Cortesia. La società richiede che si sappia usare un tono educato nelle conversazioni. Questo non significa soltanto aggiungere “per favore”, ma sia sapere come dire qualcosa in termini di scelta delle parole e forma della frase, che usare toni vocali e gesti / posizione del corpo adeguati alle circostanze.
- Riconoscimento del ruolo sociale. Ogni individuo deve mostrare consapevolezza dei ruoli sociali come guida per i propri modelli di discorso. Ad esempio, si dovrebbe parlare in modo diverso ad un bambino rispetto ad un adulto, oppure ad un amico rispetto ad un personaggio di autorità come un giudice o un ufficiale di polizia.
Presupposizioni su ciò che sanno gli altri
- Assunzione di prospettiva. Prendere in prospettiva implica sapere che ognuno ha pensieri, sentimenti ed esperienze diversi. Teoricamente questo aspetto deve essere tenuto in considerazione durante una conversazione, se non si è a conoscenza di tali informazioni bisognerebbe immedesimarsi nell’altra persona per adattare la conversazione.
- Regole generali di condotta per il ruolo del relatore in relazione all’ascoltatore:
- Quantità. Il relatore dovrebbe fornire informazioni sufficienti in modo da permettere al partner di comunicazione di capire, senza esagerare con le informazioni presumendo che non sappia nulla o abbia bisogno di sapere tutto su un argomento.
- Qualità. Quando la persona parla, è importante che ciò che viene detto sia sincero, valido o vero. Questo è un fattore di fiducia che è importante nelle conversazioni. Se si sa che il partner è manipolatore o ingannevole, allora gran parte di ciò che dice può essere messo in discussione. Ciò può causare un’interruzione nella conversazione.
- Relazione. È importante che le informazioni aggiunte durante una conversazione siano pertinenti all’argomento in questione.
- Maniera. È importante che il contributo di ciascun partner di comunicazione alla conversazione sia chiaro e conciso. Il relatore deve collegare le informazioni per l’ascoltatore e non dare informazioni frammentate e disgiunte.
L’Intervento
Devono essere presi in considerazione diversi concetti chiave per sviluppare un programma individualizzato per un individuo con DSA. Questi includono:
- Il repertorio di conoscenze riguardanti situazioni sociali, comunicazione sociale e strategie sociali.
- La capacità di applicare le conoscenze sociali in varie situazioni e le condizioni in cui si è in grado o non in grado di eseguirle.
- Il costo cognitivo / emotivo quando si deve ricordare molte regole o informazioni, applicarle in modo appropriato, e quindi autocontrollarsi.
- L’abilità di abbinare la strategia a una sfida specifica.
- L’abilità di considerare molti elementi sottostanti o co-occorrenti durante le fasi di selezione / implementazione come la capacità di attenzione congiunta, la funzione esecutiva, l’abilità della teoria della mente, la comprensione del linguaggio e le abilità metalinguistiche.
- La necessità di una generalizzazione programmata delle competenze, in particolare per le situazioni tra pari.
- La necessità di insegnare l’automonitoraggio se la persona con ASD ha sviluppato competenze indipendenti e flessibili.
- La necessità che molte persone siano coinvolte nello sviluppo delle competenze.
- L comprensione delle persone di riferimento che l’acquisizione di alcune abilità sarà più facile di altre; alcuni possono richiedere molto tempo per acquisire.
- Comprensione che possono essere necessarie più strategie per lavorare su una singola abilità.
- Comprensione della complessità e interrelazione delle abilità pragmatiche sociali nell’ambito della comunicazione sociale / delle abilità sociali.
Esistono molti manuali e programmi d’intervento sulla pragmatica sociale, sulla comunicazione sociale e sull’ampio spettro delle abilità sociali. In questo articolo verranno menzionate alcune delle strategie più conosciute.
Le storie sociali (brevi racconti scritti che hanno come tema le abilità sociali, le situazioni, i concetti e le regole di comportamento) e le conversazioni a fumetti sono strumenti utilizzati per l’intervento comportamentale, ma sono anche utili per costruire una teoria delle abilità mentali e una base di conoscenze sul mondo sociale. Anche i materiali per le istruzioni dirette e i video possono essere strumenti importanti quando si deve intervenire nei casi più complicati. Ad esempio, l’assunzione di prospettive è un concetto complicato ma attraverso le istruzioni pianificate, la visione di programmi TV e film, oppure la lettura di libri e situazioni di vita reale, si facilita di molto l’introduzione a tale concetto.
Le strategie che si concentrano maggiormente sulle prestazioni precise includono sia il videomodeling che l’istruzione mediata dai coetanei. In quest’ultimo caso, i compagni sono istruiti a facilitare l’interazione. Sebbene tali strategie possano sembrare semplici, in realtà richiedono organizzazione da parte degli insegnanti, in modo che il richiamo dei compagni e del bambino target venga monitorato da vicino. Le istruzioni e il gioco di ruolo possono essere utilizzati anche per aumentare le performance.
La maggior parte dei programmi di intervento includerà una combinazione di più elementi. Ad esempio, se da una parte le storie sociali potrebbero essere utilizzate per fornire conoscenze di base su un argomento, dall’altra il gioco di ruolo potrebbe aiutare l’individuo a comprendere i concetti. Quindi una giusta alternanza fra questi elementi permetterebbe un miglioramento dei risultati.
Anche l’uso di supporti visivi o testuali è una pratica utilizzata per lavorare sulla pragmatica. Infatti le immagini o il testo possono fornire spunti, passaggi sequenziali, promemoria o impostazioni per potenziali situazioni. I fogli possono elencare possibili argomenti da discutere con persone diverse, o fornire esempi conduttori per scambi comunicativi incentrati su argomenti specifici o generali, come ad esempio chiedere di partecipare ad un’attività di gruppo.
VIII edizione STAGE PRATICO INTENSIVO sull’autismo in età evolutiva – 2019
Una esperienza di formazione pratica e teorica: uno stage sull’autismo in età evolutiva ad alto carattere esperienziale.
Gli studenti migliori, alla fine del corso, potranno iniziare una collaborazione lavorativa.
Iscrizioni su info@associazioneumbrella.com